L’AMPLIAMENTO DELLA CESA DE COMUN DI CIANACEI

L'ampliamento del Comune di Canazei, di Gianni Pettena, O. Zoeggeler e V.Negri

Chi sale dal piano e ha la tenacia di svoltare ora a sinistra ora a destra per qualche centinaio di curve e tornanti si trova in un mondo che, seppure non distante, grazie ai moderni mezzi di trasporto, e’ indubbiamente lontano, nel tempo e nella cultura. Anche per chi vi abita e’ un universo di piccole nostalgie dove il tempo scorre alla velocita’ delle stagioni e la storia minuta che vi si raccoglie ancor oggi offre al visitatore occasionale spunti di riflessione altrove non disponibili.
Alzando gli occhi le sagome aspre dei monti pallidi bucano i boschi fitti e fradici, le nuvole corrono e si aggrappano alle cime dentate. Non ci si sorprende a vedere nelle architetture uno stile omogeneo ed inconfondibile; anzi, cio’ che colpisce e’ l’occasionale capannone o lo spunto anni sessanta di qualche rara bruttura. Una curva dopo l’altra si schiudono le valli ladine e ai piediPiede 0,3048 m (304,8 mm) della salita furiosa del Pordoi ecco Canazei, piccolo palcoscenico per quella quinta maestosa e surreale che e’ il Sassolungo.

Arrivati fin qui ci si sente lontani, non solo dai ritmi urbani e dai rumori, ma anche dai consueti discorsi architettonici di pianura, immersi come si e’ in un vernacolo vivace e genuino seppur sofferente di quella contaminazione moderna che i nostri tempi diffondono come una metastasi.
Nella storia architettonica di queste valli gli anni della seconda meta’ dell’ottocento hanno lasciato un numero di edifici dalla semplicita’ sorprendente e compiuta, grandi parallelepipedi che hanno creato l’ossatura amministrativa e civica dell’ingresso di queste popolazioni nella modernita’. E’ uno stile generico e rude, ripreso fino alla meta’ di questo nostro secolo oramai alla fine, per le sue doti di integrazione e sobrieta’; e’ essenziale ed ovviamente economico. A questa tipologia si rifa’ anche l’edificio comunale. L’estensione del palazzo comunale – tema architettonico dai fascinosi precedenti – su un terreno sacrificato e costretto e’ il tema di questo intervento di Gianni Pettena con O. Zoeggeler e V.Negri.

Mi piace visitare le architetture a cantiere quasi terminato, ma ancora aperto, quando tutte le energie sono all’opera e l’edificio e’ ancora una potenzialita’ inespressa seppure compiuta. E cosi’ e’ accaduto che vedere questo cantiere, in questo luogo lontano che ispira un senso di antico timore per la modernita’, ha sortito una sorpresa inaspettata: toccare una architettura moderna autentica, sincera e quasi invisibile. E’ il gioco del funambolo, rischioso, incomprensibile e per altri aspetti ovvio. Senza essere vernacolare parla una lingua che si confonde con la parlata locale, ribalta spazialmente il contesto e offre una promedade architettonica tanto semplice e naturale e genuinamente antiaccademica, quanto rara nella pratica edilizia contemporanea.
Lo spazio si rompe, si modella, si accellera e capovolge; dall’esterno si riversa l’incantato paesaggio, nell’interno si forma la suggestione dell’esperienza. Energie vitali che generano l’edificio come pratica umana e non disegno o punto focale o simbolo. Fluire narrativo che racconta la sua vocazione di socialita’ nelle asimmetrie misurate e nel movimento fortemente quadridimensionale. Ogni frammento, ogni dettaglio, e’ puramente moderno eppure nulla accade in dispetto del contesto, che da queste parti si ha la fondata impressione essere piu’ importante della stessa vita umana.

In questi nostri tempi di esibizione erotizzante e passiva, qui si celebra l’amore per l’architettura, amore anche fisico, di abbracci e di sudore e di sogni, che forse a qualcuno puo’ sembrare – erroneamente – non appartenere a questo intonaco bianco ne’ a questa gente austera e chiusa, ma che lascia la speranza di una felicita’ professionale che ancora non e’ irrimediabilmente perduta.

Pettena Zoeggeler Negri, Comune di Canazei

Borca di Cadore, settembre 1994

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