Brunelleschi e la chiesa di S. Spirito

La chiesa di Santa Maria del Santo Spirito, comunemente nota come Chiesa di Santo Spirito, è uno dei più importanti edifici religiosi di Firenze, in Italia. La sua storia è ricca di eventi significativi e coinvolge alcuni dei più grandi nomi dell’architettura rinascimentale.

Insiste su una piazza molto cara ai fiorentini, con la sua facciata astratta e ribelle, uno schermo che la rende sorprendente ed inaspettata appena ci si affaccia al suo interno.

La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1252, su un sito che in precedenza ospitava un ospedale. L’architetto iniziale fu Arnolfo di Cambio, noto per essere stato il progettista del Duomo di Firenze. Tuttavia, il progetto originale non venne portato a termine e subì diverse modifiche nel corso dei secoli.

Il momento cruciale nella sua storia avvenne nel 1434, quando Filippo Brunelleschi fu incaricato di completare l’edificio. Brunelleschi apportò diverse modifiche al progetto originale di Arnolfo di Cambio, tra cui l’allungamento della navata centrale e l’aggiunta di una cupola ellittica sul transetto. Questa cupola, sebbene meno famosa di quella del Duomo, è un esempio dell’ingegnosità e della maestria di Brunelleschi.

L’interno della chiesa presenta una pianta a croce latina, con tre navate separate da colonne corinzie. L’ambiente è caratterizzato da una sobrietà elegante, tipica dello stile rinascimentale. La luce naturale filtra attraverso le finestre ad arco e illumina gli altari laterali, creando un’atmosfera di serenità.

Durante i secoli successivi, altri artisti e architetti contribuirono a arricchire l’aspetto della chiesa. Nel XVII secolo, il famoso pittore barocco Pietro da Cortona realizzò una serie di affreschi sulla volta del transetto, rappresentando la Gloria dello Spirito Santo. Questi affreschi sono considerati uno dei capolavori dell’arte barocca fiorentina.

A S. Spirito, il Brunelleschi mette in atto il suo meccanismo architettonico preferito, già sperimentato nell’Ospedale degli Innocenti: la scansione dello spazio a base di quadrati, colonne e paraste, volta a vela, tutto sottolineato dall’uso rigido e maestorso della pietra serena grigia sulle campiture murarie intonacate a calce bianca.

Era intransigente, ser Filippo. Geometria e prospettiva erano i suoi strumenti preferiti e la sua perizia tecnica non aveva rivali. Fu così che montò S. Spirito (non trovo un verbo migliore, la chiesa è come un Lego o un Meccano). Sobria, algida, perfetta. Beh, quasi perfetta.

Il “sistema”, appreso a Roma studiando i reperti dell’architettura imperiale in disfacimento, era perfetto. Lui sapeva che era perfetto. Doveva essere perfetto. E così inciampò nell’angolo.

Non oso immaginare le notti passate curvo sul tavolo da disegno a girare e rigirare la sua planimetria: tutto tornava, tutto. Una magia, una celebrazione della logica sulla brutalità e l’incuria, eppure c’era quell’angolo – quei quattro angoli convessi – che accendevano la sua furia. Non ci poteva credere. Non riusciva ad uscire dall’impasse e decise alla fine, sicuramente disgustato e ferito nell’orgoglio, di accettare che le due cappelle d’ogni angolo venissero sbilenche, atone, sbagliate.

Ma ciò che era ancora peggio, all’esterno, sulla facciata laterale a oriente, le due finestre delle due cappelle le risolse con furia iconoclasta e con una banale fusione geometrica, priva di garbo, rabbiosa.

Da sei secoli, i fiorentini passano accanto alla chiesa per arrivare in piazza venendo dal centro della città, e tengono lo sguardo basso, fingendo di non vedere.

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