
062. Luoghi alti
L’istinto di salire in qualche luogo elevato, da dove puoi guardare in basso e osservare il tuo mondo, sembra essere un istinto umano fondamentale.
quindi:
Costruisci luoghi alti occasionali come punti di riferimento in tutta la città. Possono essere naturalmente parte della topografia, o torri, o parte dei tetti dell’edificio locale più alto, ma, in qualsiasi caso, dovrebbero includere una salita fisica.
N.B. Consulta sempre il testo originale per la completa comprensione del pattern.
Anche i borghi più piccoli hanno un punto di riferimento dominante – di solito il campanile della chiesa. Le grandi città ne hanno centinaia. L’istinto di costruire queste torri non è certamente solo cristiano; la stessa cosa accade in culture e religioni diverse, in tutto il mondo. I villaggi persiani hanno torri per i piccioni; la Turchia, i suoi minareti; San Gimignano, le sue case a forma di torre; i castelli, i loro posti di osservazione; Atene, la sua Acropoli; Rio, la sua roccia.
Questi luoghi elevati hanno due funzioni separate e complementari. Danno alle persone un luogo da cui possono salire, da cui possono guardare il loro mondo dall’alto. E danno alle persone un luogo che possono vedere da lontano e verso cui possono orientarsi quando sono a terra.
Ascolta Proust:
Combray, da lontano, da un raggio di venti migliaMiglio 1,61 km, come lo vedevamo dalla ferrovia quando ci arrivavamo ogni anno nella Settimana Santa, non era altro che una chiesa che sintetizzava la città, rappresentandola, parlando di essa e per essa all’orizzonte, e, mano a mano che ci si avvicinava, accoglieva sotto la sua lunga e scura mantella, al riparo dal vento, sulla pianura aperta, come un pastore che raccoglie le sue pecore, le schiene grigie e lanose delle sue case bloccanti. . . . Da lontano si poteva distinguere e identificare il campanile di Sainte-Hilaire che scriveva la sua forma indimenticabile su un’orizzonte sotto il quale Combray non era ancora apparso; quando dal treno che ci portava giù da Parigi a Pasqua mio padre lo scorgeva, mentre si insinuava in ogni piega del cielo a turno, il suo piccolo gallo di ferro che continuamente faceva avanti e indietro, poteva dire: “Vediamo, prendete i vostri scialli, siamo arrivati.” (Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto.)
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