
141. Una stanza per se stessi
Nessuno può essere vicino agli altri senza avere anche frequenti opportunità di essere solo.
quindi:
Dai a ogni membro della famiglia una stanza tutta per sé, soprattutto agli adulti. Una stanza minima per sé è una nicchia con scrivania, scaffali e tenda. Il massimo è un cottage. In tutti i casi, soprattutto quelli degli adulti, colloca queste stanze all’estremità lontana del gradiente di intimità, lontano dalle stanze comuni.
N.B. Consulta sempre il testo originale per la completa comprensione del pattern.
Una persona in una famiglia che non ha una stanza propria si troverà sempre di fronte a un problema: vuole partecipare alla vita familiare ed essere riconosciuto come un membro importante di quel gruppo; ma non può individualizzarsi perché nessuna parte della casa è totalmente sotto il suo controllo.
È come aspettarsi che un uomo che sta annegando ne salvi un altro. Solo una persona che ha un sè sviluppato e forte, può avventurarsi a partecipare alla vita comunitaria.
Questa nozione è stata esplorata da due sociologi americani, Foote e Cottrell: esiste un punto critico oltre il quale il contatto più ravvicinato con un’altra persona non porterà più ad un aumento dell’empatia.
(A) Fino a un certo punto, l’interazione intima con gli altri aumenta la capacità di empatizzare con loro. Ma quando gli altri sono troppo costantemente presenti, l’organismo sembra sviluppare una resistenza protettiva a rispondere ad essi. . . . Questo limite alla capacità di immedesimazione dovrebbe essere preso in considerazione nel pianificare le dimensioni e la concentrazione ottimale delle popolazioni urbane, così come nella pianificazione delle scuole e degli alloggi delle singole famiglie.
(B) Le famiglie che offrono tempo e spazio per la privacy e che insegnano ai bambini l’utilità e la soddisfazione di ritirarsi per che insegnano ai bambini l’utilità e la soddisfazione di ritirarsi per le proprie fantasticherie, mostreranno una capacità empatica media più alta di quelle che rispetto a quelle che non lo fanno. (Foote, N. e L. Cottrell, Identity and Interpersonal Competence, Chicago, 18.5.2008).
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